A cura di Ferdi Crulci dal  libro “L’ADRIA NELLA STORIA DEL CANOTTAGGIO TRIESTINO” di Antonella Caroli. Disegni di M. Accerboni
 
 
Prima di intraprendere il nostro viaggio nel mondo dell'alle­namento nell'Ottocento, per non restare stupiti e interdetti oc­corre precisare che tutte le parti citate "tra virgolette" e in corsivo sono la trascrizione integrale di una vecchia traduzione italiana di un trattato dell'Ottocento sul canottaggio.
"Sotto la parola TRAINING intendesi il metodo ragionale di por­tare la forza d'azione di un corpo umano o animale mediante un trattamento sistematico alla massima misura". Questa è la defini­zione che troviamo nella traduzione del vecchio trattato sul canottaggio sopraccitato.
Ed il passo continua in maniera originale precisandone i con­tenuti: "allo scopo di un TRAINING completo, l'individuo da trai­narsi (n.d.r. impropria traduzione di "to train", allenare) deve dedicarsi per l'ottenimento della massima forza d'azione; egli deve lavorare e adottare un regime di vita secondo le norme che vengono stabilite per lo scopo ottenibile dalla scienza e dalla esperienza. Col TRAINING esatto, sistematico, viene allontanato dal corpo il grasso come pure la carne superflua, portata la muscolatura necessaria pel lavoro del TRAINING al massimo sviluppo, elevato il senso morale, resa l'azione dei polmoni e del cuore libera e leggiera. Di sopportare una fatica e raggiungere una applicazione ch'egli non potrebbe sostenere in stato non trainato".
Definizioni, termini, concetti che in parte possono far sorri­dere confrontati con le terminologie ed i principi moderni dell'allenamento, ma comunque importanti e utili per una visio­ne storica dello sviluppo della prestazione umana; tra l'altro sarà interessante osservare come alcuni concetti sono fondamentali anche nella preparazione moderna di un'atleta e che talvolta non vi è nulla di nuovo sotto il sole.
Il termine TRAINING deriva dall'inglese "to train" "esercitare, allenare", propriamente "trascinare", dal francese "traìner", che è il latino "traginare", derivato da "trahere", trarre. "Trainer", con le stesse derivazioni, significa "allenatore" o "chi ha il compito di addestrare".
È interessante confrontare le definizioni di TRAINING dei testi dell'Ottocento con quelle moderne, che tendono a mettere in evidenza come l'allenamento sportivo abbia risvolti complessi che implicano una notevole partecipazione di capacità motorie, coordinative e condizionali, tecniche e tattiche, fisiche e psicolo­giche. Pertanto fenomeni complessi, con implicazioni anche di carattere pedagogico, medico-biologico e fisiologico, soprattutto quando si richieda la massima prestazione dell'individuo con la mobilitazione di tutte le sue capacità.

Diversamente in passato, e così risulta dai testi dell'Ottocento, prevalevano gli aspetti esteriori, fisici, igienistici, in un rigore morale e di comportamento. Si legge nell'antico trattato sul canottaggio: "un buon TRAINING si consegue col sudore naturale e artificiale, con analoghi esercizi (naturali e artificiali), con dieta rigorosa, dall'astensione coscienziosa da tutte quelle condotte che possono riuscire perniciose allo scopo del TRAINING, senza ritenere che si possa chiudere un occhio e permettersi delle disgressioni."
Nel TRAINING moderno si è posto l'accento invece sia sugli aspetti fisiologici, e pertanto sui carichi fisici che provocano un adattamento funzionale e morfologico, sia sui rapporti pedagogi­ci e sui processi educativi.
In tale ottica alcuni studiosi moderni hanno cercato di isolare i fattori che influenzano l'allenamento giungendo ad enunciare delle "leggi" e considerando l'allenamento come una preparazio­ne fisica, tecnico-tattica, intellettuale, psichica e morale.
Ciò che caratterizza l'atleta di oggi è l'aumento impressionan­te dei carichi di lavoro e la loro sempre maggiore specificità; essi sono influenzati dall'intensità e qualità in una organizzazione non casuale, ma preordinata. Tuttavia il significato complesso dell'allenamento non può trovare esaurienti definizioni che pon­gono in rilievo l'aspetto pedagogico o quello psicologico o quello bio-energetico o quello tecnico. Troppi, infatti, sono i fattori che influenzano la prestazione motoria e sportiva legati anche alla dotazione genetica, al continuo mutare degli stimoli ambientali, alle esperienze vissute in un'affascinante e talvolta imprevedibile aggregazione dinamica di stimoli e risposte sempre diverse da soggetto a soggetto.
Si ricorda a tale riguardo la definizione di allenamento del professor Vittori, avvicinatesi a diverse discipline e noto come personaggio di notevole temperamento e capacità critica: "l'alle-namento e un processo pedagogico-educativo complesso che si concretizza nell'organiszazione dell'esercizio fisico ripetuto in quantità e con intensità tali da produrre carichi progressivamente crescenti, che stimolino i processi fisiologici di supercompensazione dell'organi­smo e favoriscano l'aumento delle capacità fisiche, psic hiche, tecni­che e tattiche dell'atleta alfine di esaltarne e consolidarne il rendi­mento di gara."
In tutto questo quadro non possono essere tralasciati gli aspet­ti intellettivi, sociali, medico-preventivi. In particolare gli agenti emotivi, sociali cognitivi e fisiologici che condizionano la moti­vazione di un individuo devono essere visti come il substrato su cui si fonda ogni azione umana e quindi anche la disponibilità ad una prestazione psicofisica di livello.
È interessante, comunque, annotare come alcuni elementi del TRAINING trovano un ideale parallelismo e possibilità di con­fronto a distanza di più di un secolo, oltre ad una certa dose di fascino storico.

"Le regole di un TRAINING reale e ordinato, quale viene fissato per indispensabile in Inghilterra e America, sono talmente rigorose e richiedano una tale misura di abnegazione, fermezza dì carattere e padronanza di se stesso da parte di colui che per sola passione per lo sport vi si assoggetta, che si può affermare essere il TRAINING altrettanto utile per la fermezza di carattere e forza di volontà di un giovanotto, quanto per lo sviluppo del suo corpo!"
Così leggiamo nel trattato dell'Ottocento sino a trovare una critica alle presupposte scarse conoscenze dì alcuni a quell'epoca e ciò pare abitudine comune ai giorni nostri in cui molti si ritengono sempre depositar! del sapere. Ecco l'attacco: "quanto poco si sia compenetrati in Germania e da noi l’utilità somma del TRAINING, quanto poco sappiano valutaria gli stessi scienziati, lo dimostra il fatto che nell'enciclopedia di Mayer null’altro si sa dire del TRAINING  senonché trainare, tirar alla lunga, addestrare cavalli per lo sport! Tanto più necessario ritengo dunque dì trattare il TRAINING per la corsa di canotti, in brevi termini ma in modo esauriente"
E da qui partono numerose pagine di suggerimenti tecnici e dì vita.
"'Prima di ogni cosa sia detto che le basì fondamentali del TRAI­NING sono le stesse, sia che uno si prepari per il vogare, per il correre o per altre specie di sport (n.d.run primo abbozzo di multilateralità o polivalenza). In complesso trattasi d'indurire il corpo, prepararlo a sopportare la massima  fatica."
Ecco le prime annotazioni tecniche: "Sarà necessario perciò un TRAINING più lungo e rigoroso se una corsa ha la durata di 4 o 5 miglia inglesi, che se essa (corsa) comprenda soltanto un miglio.


Si deve fare una differenza nella durata del TRAINING e non si deve nel caso di una corsa  più  breve trascurarlo di soverchio (il TRAI­NING)."
Meno durata di corsa, dunque, ma non meno allenamento! È veramente interessante cogliere alcuni clementi e principi che sono costitutivi e basamento anche dell'allenamento moderno.
Nella teoria e metodologia dell'allenamento moderno vi sono dei principi relativi al carico e alla prestazione ben precisi; tra essi il principio dell'unità tra carico e recupero, i principi della pro­gressività, continuità e variazione del carico, la struttura ciclica del carico, la sistematicità, la stabilità, la consapevolezza, l'evi­denza e l'adeguatezza del carico. Proprio quest'ultimo principio ci riporta all'importanza della preparazione individuale tenendo conto delle tante variabili che influenzano un individuo e questo principio era già ben presente nell'Ottocento. Troviamo scritto nel trattato sul canottaggio: "// trainer non deve condurre un TRAINING d'un solo stampo e trattare tutti irematori in egual maniera, bensì trarre in riflesso le proprietà individualii corporali dai singoli rematori, il loro naturale e costituzione che di spesso sono ben diversi. Ciò richiede però paste cognizioni e lunga esperienza; un trainer provetto è perciò sommamente prezioso.1"
Vediamo una giornata tipo del secolo scorso per un buon canottiere: "Dalle 7 alle 7.30 ti mattino si lascia il letto e si prende un bagno freddo. Se ciò accade all'aperto si deve rimanere in acqua un solo istante perché un bagno lungo toglie al corpo troppo calore. Dopo asciugamento e sfregazjone vigorosa segue una piccola passeg­giata. Alle 8.30 la merenda. Dopo, attività molto leggiere. Alle 11 comincia il lavoro in canotto per circa 1 ora e mezza. Poscia per un quarto d'ora sì riprende la corsa a piedi. Ciò successo viene ben fregato ed asciugato il corpo con un panno ruvido. Alle 2 si va a pranzo. Poi tre ore a piacere. Solamente non a giacere, ma a dormi­re. Alle 6 di sera principia il lavoro serale che dura 1 ora e mezzo. Alle 8 segue la cena, in punto alle 10 si deve recarsi a letto!"
 Gli atleti dì oggi cosa direbbero?
Questo è un programma per chi può dedicarsi esclusivamente al TRAINING ed è un doppio allenamento giornaliero, ma la durata e la seguente: "per un TRAINING regolare sono richieste sei settimane, però per rematori provetti ed in continuo esercizio sono sufficienti quattro e per una corsa breve anche tre settimane di TRAINING rigoroso per portarli in condizione relativa."
Per chi non può permettersi l'intera giornata ecco le indicazio­ni: "alzarsi di buon mattino e intraprendere il lavoro mattiniero prima della merenda, previo un brevissimo bagno. Il lavoro consiste in una corsa lunga e continuata con vogata non celere tua ben distesa (30-32 stroke al massimo). La durata ha da essere al principia­re del TRAINING corta e viene gradatamente aumentata. Nei primi giorni del TRAINING « deve astenersi assolutamente da una corsa celere e da soverchia fatica." Dunque appare il principio della progressività tic! carico ben noto agli allenatori di ojrgi.

Proseguiamo: "tale norma, di astenersi da una corsa celere, è valevole pure per la sera, durante la quale però gli ultimi 14 giorni precedenti la regata, sono da intraprendere dei brevi tratti con corsa a tempo accelerato ed esercitarsi specialmente con un start celere. Durante gli ultimi otto giorni durante la sera devesì percorrere il tratto di regata e cioè con vogata celere e al caso con acceleramento progressivo massimo, in quanto al correre ciòdeveaccadere al mattino per una durata non maggiore di un quarto d'ora, da princìpio lentamente e gradatamente più celeramente. Di sera dopo la regata sì deve anche correre, intercalando di tratto in tratto una corsa colla massima celerità Specialmente durante gli ultimi 8 giorni è indicata una corsa corta, ma celere. Molta importanza viene data alla dieta, cui viene data la medesima importanza riferita agli esercizi corporali, ad una attività congiunta ad un regime di vita spartana per la debita condizione per la regata"
Analizziamo alcune indicazioni della dieta per canottieri nell'Ottocento: "dai pasti deve escludersi tutto ciò che è grasso e ciò che produce o aggiunge al corpo dì grasso e il nutrimento va limitato possibilmente a carne forte che produce muscoli, quindi a carne di bue e castrato. Va da sé che la carne deve essere magra e venir presa non lessata ma arrosta e mezza cruda. Pasta di qualunque specie, anche pane fresco, è da considerarsi quale un veleno. Zuppa è del pari poco raccomandabile perché riempie lo stomaco senza contenere nutrimento. Birra è doppiamente dannosa, in primo luogo perché grassa poscia perché rende il corpo fiacco e il sangue denso. Latte è da prendersi in pìccola quantità quantunque nutritivo perché contiene troppo grasso, Vino è da concedersi in piccolissime dosi perché altera e agita di soverchio il sangue."


Pertanto viene consigliata dai nostri esperti bisavoli il seguente menù per i canottieri: "merenda: carne arrosta e cioè beefsteak a cotoletta di castrato, di quando in quando pure roastbeef freddo con l'aggiunta dì una o due tazze di thè  non troppo forte; pane del giorno innanzi abbrustolito con alquanto burro e una o due uova . Si può prendere pure pollo caldo o freddo e insalata. Pranzo: come portata principale carne di bue o di castrato, arrosta; arrosto di agnello e volatili in genere sono concessi. Salumi in generale del tutto da escludersi. Di vegetali deve farsi uso generoso e sono racco­mandabili ogni sorta di legumi freschi. A pranzo si può bere vino, però in piccola quantità e molto anacquato. La cena deve limitarsi al puramente necessario: un pezzo di roastbeef freddo o un piccolo pezzp di beefsteak o due cotolette di castrato, una tazza di thè e pane abbrustolito, La sera lo stomaco deve venir in niun caso riempito di soverchio, ma si deve coricarsi con un resto dì appetito non prima di 1 e mezza, 2 ore dopo cenato."
Sono originali ed agli occhi di oggi divertenti alcune conside­razioni sui modi dì comportamento di un canottiere.
"Durante il tempo del TRAINING" è assolutamente interdetto l’av­vicinamnto sessuale poiché trattasi di non sfruttare tutte le forze per lo scopo dello sport. Che un sol coito possa arrecare conseguente funeste parrà ben ragionevole considerando che l'organismo deve già straordinariamente affaticarsi per riprodurre quanto giornal­mente si consuma col lavoro dei TRAINING; quindi da un coito risulta uno spreco dì forze che ha per conseguenza minor disposizione al  lavoro ed una fiacchezza che perdura parecchi giorni." Gli atleti di oggi sicuramente condividono tale impostazione e se­guono tali disposizioni!
"Quanta riguarda la proibizione del fumare, si va anche con ciò in Inghilterra tanto che ad un rematore durante l'epoca del TRAINING, è assolutamente vietato fumar sotto comminatoria dell'espul­sione dal Club. Tale proibizione comprende pure il traìner. Un rematore che dispone dì molto tempo libero l'occupi col giuoco delle bocce e con quello del bigliardo.

Nel concludere questo breve viaggio nelle vecchie abitudini di lavoro e comportamenti dei canottieri di oltre un secolo fa è necessario qualche considerazione su come ci avvicinava e si concepiva la regata.
L'obiettivo finale era in sintonia con tanti principi dell'allena­mento di oggi, di portare al massimo sviluppo la forza e la resistenza dei rematori mediante lento, sistematico e progressivo aumento del lavoro.
Secondo il trattato che abbiamo esaminato tradotto con la sua caratteristica patina di arcaicità, "gli ultimi 8giorni o almeno gli ultimi 4 giorni prima della regata il crew (n.d.r.: molti termini usati provengono dalla cultura anglosassone dove il canottaggio aveva ed ha grande tradizione; crew è equipaggio; 'stroke è il colpo, la palata) deve passarli sul luogo dì regata. Il timoniere ha da studiare la posizione ed il tratto; il coach deve impartire al primo Vogatore gli ammaestramenti in quanto al tempo, eccetera. Gli ulti mii due giorni il lavoro deve limitarsi  solamente all'esercizio dì uno start celere ed in prove del tempo da adottarsi. Deve essere abituato il crew (l'equipaggio) a seguire in ogni istante lo stroke-man ('il capovoga'); peraltro è compito del primo rematore non richiedere dal crew il soverchio, sapendo quando può esìgere la massima tensione e quando deve lasciar subentrare lo stroke più lento. E’ consigliabile di adattare un tempo giusto che possa venir acceleralo verso la fine della corsa e che l forza non abbia a scemare prima d'aver raggiunto la meta."

E sul finire gli ultimi consigli tattici. Al momento della regata si devono tenere presenti lo stato dell'acqua, la propria forza, quella dell'avversario e cioè di sviluppo di forza momentanea e resistenza, infine il temperamento proprio e dell'avversario. Così non è consigliabile in una corsa di tratto breve di circa un miglio inglese (1855 metri) o meno, di cedere all'avversario molto terre­no da principio. Trattandosi però di una gara di più lunga durata, circa due miglia inglesi (c,a. 3700 m.), il risparmio di forze all'inizio può riuscire di sommo avvantaggio contro un avversa­rio impetuoso che poi trovasi nell'impossibilità di mantenere il tempo ("ritmo") lungo l'intero tratto.
Per chiudere alcune annotazioni psicologiche e morali: "Il temperamento e l'esperienza dei rematori hanno una pìccola parte nel sostenere anche il programma tattico. Ci sono dei naturali nervosi che riescono a fare l'impossibile fino a che veggono l'avver­sario in linea eguale la cui forza si moltiplica quando comprendono di essere in avvantaggio, e che però perdono completamente ogni energia, come forza fisica e morale, appena l’avversario ha acquista­to un vantaggio anche momentaneo. Ci sano,poi, degli individui di un temperamento ammirabile ai quali non fa nessuna impressione se allo start acquistano vantaggio o trovasi in svantaggio, che si mettono all'opera con regolarità e sicurezza di una macchina, siano essi di qualche lunghezza e dietro l'avversario."

L'ultimo consiglio: "al novello rematore si deve costantemente raccomandare sul campo d'azione calma, riflessione e ritegno. Nel caso di una onorevole sconfitta rimane sempre la soddisfazione di aver reso il corpo robusto e rafforzata la costituzione, un premio che vale più di tutti i premi di regata del mondo.
Quest'ultimo insegnamento pur arrivandoci da uno scritto di oltre un secolo fa, forse è il più attuale e quello comunque su cui dovremmo riflettere spesso di più.

Note manoscritte della traduzione testuale in lingua italiana del manuale del Silberer a cura di M. Drabeni.